Il viso del mondo in questi giorni si è riempito col sorriso di quelle donne turche che a colpi di tweet hanno sfidato il potere.
Tutto è scaturito da una dichiarazione del vicepremier islamico, Bülent Arinç, braccio destro di Erdogan e uno dei co-fondatori del Partito Conservatore per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), che governa il paese dal 2003.
Egli, in un discorso tenuto nella regione di Bursa occidentale per la festa Bayram, che segna la fine del Ramadan, ha attaccato il degrado dei costumi del mondo femminile: “Un uomo dovrebbe essere morale, ma le donne dovrebbero sapere che cosa è decente e cosa non lo è “, e ha aggiunto: “lei non deve ridere ad alta voce di fronte a tutto il mondo e deve preservare la sua decenza in ogni momento”.
Il principale rivale di Erdoğan nei sondaggi per le presidenziali del 10 agosto prossimo, l’ex capo dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica e ora leader del Partito Popolare Repubblicano, Ekmeleddin Ihsanoglu, ha subito colto l’occasione per schernire l’operato del premier, pubblicando sul suo profilo Twitter: “Abbiamo bisogno di sentire la risata felice delle donne”.
Ma la reazione più vistosa e degna di una maggiore rilevanza ai nostri occhi è proprio quella delle donne turche che, di tutta risposta, hanno condiviso prima su Twitter e poi sugli altri social network delle foto che ritraevano il loro bel sorriso, non più coperto dall’hijab, il velo islamico, o dall’oppressione della tradizione.
Gli hashtag che hanno scelto di utilizzare e che in pochi minuti hanno raggiunto i top trend mondiali su Twitter, “Kahkaha” (ridere) e “direnkahkaha” (resistere a ridere), rappresentano un modo irriverente e diverso di combattere per la propria individualità e per la propria libertà di emozionarsi in pubblico.
Sulla scia di movimenti rivoluzionari non convenzionali, queste donne giovani, bellissime e allegre sono diventate delle vere eroine agli occhi del mondo,perché, nonostante vivano in un paese segnato dalle tragedie delle “spose bambine” e in cui si registra il 39% dei casi di violenza domestica sulle donne a livello mondiale, sono ancora capaci di sorridere.
Giorgia Golia