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    ‘PERA SPADONA’ DI CASTEL MADAMA E ‘PIZZUTELLO’ DI TIVOLI. QUALI PROSPETTIVE?

     

    IN DIFESA E PER LA VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ

    Un interessante convegno patrocinato dall’ARSIAL previsto il 19 Luglio presso la Sala Baronale del Castello Orsini in occasione

    della 56a Sagra della ‘Pera Spadona’. Un’opportunità di incontro e confronto promosso dall’Amministrazione Comunale e dalla

    Pro-Loco di Castel Madama su proposta, e con il concorso organizzativo della Condotta Slow Food ‘Tivoli e Valle dell’Aniene’.

    di Italo Carrarini

    Sagra sì, Sagra no. È la sollecitazione mossa lo scorso febbraio dalla Pro-Loco di Castel Madama che apre interrogativi sull’opportunità di mantenere in vita, o meno, una delle più importanti sagre del Lazio giunta quest’anno alla sua 56a edizione. Una sagra, quella della Pera Spadona di Castel Madama che l’attuale Amministrazione Comunale non vuole cancellare ritenendo non ancora conclusa un’antica tradizione, anche alla luce delle nuove sensibilità e sollecitazioni intervenute.

    Qualcosa di analogo è avvenuto anche a Tivoli lo scorso settembre, in una fase di commissariamento della Città d’Arte che ha portato alla sospensione della 66a sagra del Pizzutello di Tivoli, uno dei principali appuntamenti turistici, culturali e folcloristici sanciti dallo Statuto Comunale. Alle esitazioni e alle divergenze culturali che caratterizzano il dibattito su possibili dismissioni o rilanci di manifestazioni, che come queste sono storicamente radicate ai valori di territori e di economie in continua trasformazione, la Condotta Slow Food ‘Tivoli e Valle dell’Aniene’ ha risposto con progetti elaborati da tempo, già annunciati in occasione del Congresso sull’Erba tenutosi lo scorso 23 marzo a Villa Adriana, dal quale è scaturito un documento programmatico che vuole riaffermare il tema dell’agricoltura familiare come antica e nuova risorsa contro la crisi.

    Che le argomentazioni addotte da Slow Food siano state favorevolmente recepite lo avvalora la piena disponibilità mostrata dall’Amministrazione Comunale di Castel Madama, dalla Pro-Loco e da alcuni produttori locali ancora caparbiamente legati alle due cultivar, e ben rappresentati da Michelluigi Rocchi per la Pera Spadona di Castel Madama e da Luigi Giansanti e Antonio Del Priore per il Pizzutello di Tivoli.

    Adesioni significative sono pervenute da più parti:

    da Renato Pavia, noto agrotecnico e profondo conoscitore delle problematiche legate alle cultivar agroalimentari e autoctone dell’area;

    dal Liceo Artistico Statale di Tivoli che ha curato la grafica della manifestazione;

    dalla Consulta del Decentramento dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma e Provincia;

    dagli architetti Alessandro Camiz e Alessandro Panci: il primo con una dissertazione sui tracciati iugerali nel paesaggio agrario per il parco archeologico degli Acquedotti Aniensi, il secondo con un’analisi del contesto paesaggistico e opportunità di valorizzazione della coltura del Pizzutello di Tivoli;

    da l’Orto dei Cuochi di Slow Food Tivoli e da Slow Food Marino e Castel Gandolfo che, in occasione del convegno e della sagra Castellana proporranno inedite ricette e assaggi a base di ‘Pera Spadona’ abbinata ad altri prodotti dei territori a noi più prossimi;

    da Paola Sarcina, Direttrice Artistica del Festival ‘Cerealia’ che intratterrà sulle specificità locali come patrimonio culturale, e sulle modalità e strumenti di valorizzazione e di promozione delle stesse;

    dal Presidente della Pro-Loco di Castel Madama Alfredo Scardala che entrerà nel merito della sagra e della sua storia: dalle origini alle edizioni via via caratterizzatesi per fastosità e abbondanza, fino all’odierno affievolimento e alle possibili prospettive di un rilancio, comunque inscindibile da quello del prodotto;

    da Tommaso Iacoacci, Referente dei Presidi e dei Prodotti dell’Arca del Gusto di Slow Food;

    dalla patrocinante ARSIAL che colloca sia la ‘Pera Spadona’ di Castel Madama, sia l’Uva da tavola ‘Pizzutello’ Bianco e ‘Pizzutello’ Nero (Den. locale Pizzutello di Tivoli e Dito di Donna) tra le risorse genetiche iscritte al Registro Volontario Regionale previsto dalla L.R. n.15/2000, inserite nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali di cui al D.M. n. 350/1999.

    Proprio l’ARSIAL, attraverso le relazioni delle Dott.sse Immacolata Barbagiovanni e Miria Catta del Servizio Sistemi Rurali SIT Qualità, argomenterà su come la diffusione di cultivar vegetali e razze animali, caratterizzate da maggiore produttività ed uniformità dei caratteri, abbia determinato in natura una progressiva riduzione della variabilità genetica; come cultivar, razze e popolazioni locali ‘antiche’ ben adattate agli ambienti dove si erano diffuse (grazie anche all’attività di selezione operata da generazioni di agricoltori e allevatori) siano state soppiantate nell’arco di pochi decenni.

    Questo patrimonio genetico oggi rischia seriamente l’estinzione.

    Ecco, allora, l’importanza che riveste quella continuità d’azione che dovrà necessariamente seguire a questo convegno per ricucire quel dialogo da tempo sopito tra istituzioni, consumatori e produttori; per riaprire il confronto con quanti, negli ultimi decenni, non si sono sentiti abbastanza rappresentati da taluni indirizzi comunitari o da governi del territorio che hanno spesso favorito cadute di valori, sradicamenti e disaffezioni culturali elargendo aiuti economici, pur di implementare varietà agrarie ibride costruite in laboratorio.

    Ci si riferisce a pagine di politiche agricole e produttive scritte in nome dei processi di industrializzazione e di riconversione a monocolture dei campi, a sostegno di holding, corporazioni e multinazionali, a danno della qualità, della biodiversità e dei vantaggi per ambiente e salute derivanti dalle colture consociate; a quelle pagine che hanno innescato processi di omologazione del cibo e del gusto a cui ci stiamo sempre più uniformando.

    Contro questo generale trend, a scapito della qualità e del gusto, entrano in campo diverse realtà associative, produttive e culturali, di cui Slow Food si fa interprete attraverso Gabriella Cinelli, archeologa del gusto e Referente della Condotta ‘Tivoli e Valle dell’Aniene’, ribadendo la necessità dell’educazione al gusto come migliore difesa contro la cattiva qualità e le frodi, come strada maestra contro l’omologazione dei nostri pasti.

    I Cuochi, educati al ‘Gusto’ da Slow Food,  hanno cura dei prodotti dei propri territori e utilizzano le nuove tecnologie, pur mantenendo un occhio riverente verso i vecchi ricettari e le antiche pratiche. Ai visitatori della Val d’Aniene, Slow Food racconta la storia della nostra terra, dei nostri prodotti e delle nostre ricette tramandate da secoli, vuol far conoscere chi e come effettivamente produce la Pera Spadona di Castel Madama, il Pizzutello di Tivoli, la Fagiolina di Arsoli, i Giglietti di Palestrina, l’Olio Evo Tiburtino, in modo che la buona cucina sia sempre più consapevole espressione dei territori e delle persone che li abitano.

    Nel confermare l’adesione a tale indirizzo, la Vice Presidente Slow Food Italia Francesca Rocchi ricorda come: “nell’anno dell’agricoltura familiare, mentre l’Europa sceglie di lasciare liberi i paesi membri nel decidere come portare avanti, ognuno come meglio crede, la politica dell’uso degli OGM, il mondo continua a vivere il macroscopico paradosso che ci vede per metà obesi e per metà affamati, in un sistema ottuso dove la discussione massima è concentrata su come ‘proteggere’ il mondo del cibo industriale, partendo proprio dalla discussione sui prodotti transgenici. Noi di Slow Food non abbiamo dubbi, e la nostra lotta per la difesa della biodiversità parte proprio dal pensiero che solo l’agricoltura familiare, di prossimità, che tiene conto della stagionalità e del ritmo della terra stessa e della sua biodiversità, sia la vera risposta. Ecco che nascono 10.000 orti oggi in Africa, ecco che porteremo 10.000 prodotti nell’Arca del Gusto, ecco che costruiremo insieme 10.000 comunità del cibo, per stare meglio tutti insieme”.

    L’auspicio di tanti, che credono ancora nella possibilità di ritrovare un naturale rapporto con i prodotti agroalimentari locali e tradizionali, è di poter assistere al reimpianto di ‘cultivar autoctone’ come la Pera Spadona di Castel Madama e il Pizzutello di Tivoli minacciate di erosione e a rischio estinzione attraverso politiche di valorizzazione e di protezione più incisive; politiche – come già detto – non sempre adeguatamente attuate negli ultimi decenni dagli organismi preposti. Si spera, pertanto, che questo incontro possa lambire sensibilità e consapevolezze, aprendo a percorsi di riscoperte e di riappropriazioni comuni. Ma c’è ancora tanto da lavorare, educare e ricercare anche sul piano delle sinergie e delle strategie.

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