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    Arno ’66: Firenze tra ricordo e prevenzione

    Il 4 novembre 1966, poco prima delle cinque del mattino, l’Arno ruppe gli argini e le sue acque inondarono Firenze, sommergendo il centro storico della città. Firenze si ritrovò tutto ad un tratto isolata (telefoni, luce, strade e ferrovie erano interrotte), con lo Stato e il Governo ancora ignare di tutto. A cinquant’anni dal disastro di acqua e fango sono stati organizzati numerosi eventi e cerimonie per ricordarne la devastazione

    Sembra ancora risuonare per le strade l’appello dell’allora “sindaco dell’alluvione” Pietro Bargellini, riuscito a trasmettere per radio nonostante le condizioni avverse: «Fiorentini! In questo momento mi giunge notizia che l’acqua dell’Arno è arrivata in piazza del Duomo. In alcuni quartieri è al primo piano. È lì che deve giungere l’aiuto più urgente. Invito tutti alla calma e a ridurre al minimo la circolazione».

    Era difficile, però, rimanere calmi mentre esondavano in città 70 milioni di metri cubi di acqua, producendo 17 morti a Firenze e 18 nella provincia, facendo perdere casa, bottega e negozio a milioni di persone, danneggiando centinaia di opere d’arte (tra cui il famoso Crocifisso di Cimabue, salvato per miracolo) e sommergendo migliaia di documenti conservati nella Biblioteca Nazionale. Alcuni degli abitanti riuscirono a rifugiarsi nei piani alti delle proprie abitazioni, altri a fuggire con la propria auto tra le strade diventate torrenti neri di nafta, e altri ancora salirono persino sui tetti, come i detenuti del carcere delle Murate (tra cui molti riuscirono ad evadere).

    Solo la sera stessa l’acqua cominciò a ritirarsi, e cominciò la ripresa della città. Antonia Bocci Bargellini, figlia dell’allora sindaco, ha dichiarato ai microfoni di SkyTg24: «Mio padre ha preso a modello la fierezza dei fiorentini per evitare che Firenze diventasse una città morta». Lo Stato, che aveva sottovalutato l’emergenza per la mancanza di comunicazione, arrivò a Firenze prima rappresentato dal ministro Giovanni Pieraccini, che, secondo le sue stesse parole, è stato “il primo nella storia a entrare in gommone a Palazzo Medici Riccardi”, poi da Saragat, la cui jeep si impantanò a S. Croce. Molti furono gli aiuti economici provenienti anche da stati esteri, come gli Stati Uniti, ma anche l’Etiopia, il Congo e l’Honduras.

    Oggi, esattamente a 50 anni di distanza, Firenze è di nuovo risorta dal fango con cui l’Arno l’aveva ricoperta, celebrando il ricordo di una giornata difficile. Nella mattinata di oggi, nel Salone dei Cinquecento, è stato ospitato il raduno degli Angeli del fango, i volontari che assicurarono alla città di poter ritornare più velocemente alla normalità in quel novembre del ’66, che hanno potuto assistere anche a un consiglio comunale straordinario convocato per le ore 9, subito dopo le celebrazioni, in Piazza Unità d’Italia, della Festa delle Forze Armate.

    Poco dopo mezzogiorno da Santa Croce, dove è stata celebrata messa da un altro Angelo del fango, il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori, è partito un piccolo corteo diretto verso il Ponte delle Grazie per deporre in Arno una corona a ricordo delle vittime. Il clou degli eventi, però, si terrà dalle 15, quando si provvederà alla ricollocazione dell’Ultima Cena del Vasari a Santa Croce alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quale, in seguito, visiterà il giornale “La Nazione” e parteciperà alla cerimonia ufficiale a Palazzo Vecchio.

    «Vogliamo fare di tutto un momento di grande ricordo – ha affermato il sindaco di Firenze Dario Nardella – nel quale si ricordano coloro che hanno vissuto quell’esperienza ma anche coloro che non vivendola ne hanno tratto ispirazione o lezione. E quindi non ci resta altro che aspettare queste giornate per ricordare, ma soprattutto per impegnarci a non commettere gli errori del passato».

    Tra gli eventi in programma, è sicuramente interessante, quello voluto e realizzato dal direttore della Galleria degli Uffizi, Eike Schmidt: il racconto dell’alluvione in scatti d’epoca realizzati dai fotografi della Soprintendenza. Le immagini ritraggono i locali degli Uffizi invasi dalle acque, ma anche altri spazi esterni e sono state accolte nella sala 41, la stessa che ha ospitato i capolavori del Botticelli durante il restauro delle sale cui appartenevano.

    A parte il ricordo, molto si è speso per la prevenzione di una nuova esondazione di tale portata. Lo stesso ex sindaco e neopremier Matteo Renzi, presente oggi nel Salone dei Cinquecento per incontrare gli Angeli del fango, ha dichiarato: «L’alluvione ha segnato uno spartiacque negativo per Firenze. Noi oggi quindi sappiamo che dobbiamo investire tutto quello che serve per far diventare l’Arno una parte di Firenze e non il suo avversario. Per essere l’anima di Firenze. I denari ci sono bisogna spenderli e spenderli bene».

    Dal 1966 ad oggi è cambiata radicalmente la strumentazione utilizzata per verificare l’entità delle piogge, effettuata tramite radar, e l’altezza e la portata del fiume, tramite idrometri. Ma il rischio sembra ancora alto, e per questo un’altra opera di rinforzo dell’argine è stata conclusa da poco in Lungarno Torigiani, mentre il 5 novembre sarà presentato ufficialmente un Piano “Arno Sicuro”, organizzato da #Italiasicura Presidenza del Consiglio dei Ministri e Regione Toscana.

    Il ricordo ancora una volta ci deve spingere a fare qualcosa per il futuro del Paese e della sua gente, perché molte opere importanti dal punto di vista strutturale non sono ancora state completate o iniziate, ma se si ripresentasse oggi la stessa emergenza, i danni, fa sapere la Protezione Civile, sarebbero di circa 20 milioni di euro. Oltre a quelli a beni materiali, però, non mancheranno quelli inflitti ai “poveri Cristi” fiorentini, denominati così dallo stesso sindaco Bargellini.

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